In quest’epoca di narrazioni tossiche, di abuso delle informazioni distorte, di difficoltà nel codificare la realtà e i fenomeni che la attraversano, ci sembra sempre più importante soffermarci ad approfondire gli elementi che compongono le strategie di comunicazione, specie se manipolatori e concepiti per modellare la nostra percezione del mondo.
I luoghi comuni, come gli stereotipi, i cliché, le dicerie, apparentemente innocui, screditano la complessità del reale offrendo forme di interpretazione ovvie, rassicuranti, semplici, comprensibili da chiunque e adattabili a contesti anche diversissimi. Sono strumenti che ben si adattano alle formule comunicative del social dove la sintesi e la possibilità di associarli a immagini o video rafforza la credibilità e la condivisione.
Imparare a riconoscerli, abituarci a verificare meglio quello che leggiamo, guardiamo e condividiamo, oltre a stimolare la nostra conoscenza, può servire da antidoto alle narrazioni più velenose, quelle capaci di alimentare odio e intolleranza.
Ma come fare a identificare questi particolari elementi del discorso?
E se fossero stravaganti animali, bestie bizzarre con strane caratteristiche?
Invasivi e infestanti, si adattano a ogni tipo di habitat. Ghiotti di like ed emoticon, si mimetizzano tra i giri di parole. Pigri, svogliati, perché non si informano, non approfondiscono. Seducenti, perché semplici e facili da ricordare. E da ripetere.
In questo bestiario, lungo 12 mesi, artiste e artisti ne propongono una loro sintesi grafica e illustrata.
“Quando la si finirà con la vuota metafisica e i luoghi comuni?
Tutti i guai vengono dalla nostra gigantesca ignoranza.
Ciò dovrebbe essere studiato e creduto senza discussione.
Invece di osservare, si afferma!”
Da una lettera di Gustave Flaubert a George Sand.